I mastini di Dallas
Texas, anni Settanta. Phil Elliot è il flanker dei North Dallas Bulls, ha le «migliori mani» della Nfl e il corpo devastato dai placcaggi. Ogni mattina si sveglia con le narici piene di sangue e le giunture bloccate dall’artrite, ma pur di scendere in campo è disposto a imbottirsi di codeina e fabbricarsi protezioni più leggere della norma, in modo da recuperare un po’ di velocità. Un atleta professionista, d’altra parte, vive per questo: le scariche di adrenalina, il boato assordante degli stadi, uno schema eseguito a memoria. «Il passato è inutile, il presente è dominato dall’ansia e il futuro semplicemente non esiste. L’esperienza è l’unica risorsa, e un giocatore non può fare altro che invecchiare». Sono le poche certezze che restano quando hai perso fiducia nel collettivo e nel senso stesso del gioco. A che serve il successo di squadra se l’individuo non sopravvive per condividerlo? È la domanda che assilla Phil, mentre cerca di sfuggire alla spirale del football e alla propria esistenza in frantumi aggrappandosi a Charlotte, una vedova di guerra incontrata in uno dei deliranti festini dei Bulls. Uscito nel 1973, I mastini di Dallas è un viaggio allucinato e profetico nel cuore di tenebra dello sport americano, in cui Gent proietta con effetti grotteschi – come fa DeLillo in End Zone – le paranoie e le distorsioni di quel «complesso tecnomilitare» che era l’America ai tempi del Vietnam.
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Data di uscita
Agosto 2013
EAN
Collana
Attese
Pagine
384
Traduzione
Roberto Serrai