Bologna, anni Sessanta. La «storia più bella» che Remo Gualandi racconta al figlio ogni domenica, accanto alla radiolina, è un ricordo personale dei tempi di guerra: a sedici anni Remo aspettava di essere fucilato da un plotone nazista, ma l’intervento di un misterioso deus ex machina, l’Artista, gli salvò la vita.
Scultore, vagabondo e chiaroveggente, avvistato di rado ma sempre in camicia da smoking, sbottonata e senza farfallino – come «uno reduce da una festa» –, l’Artista a trent’anni aveva già i capelli di un sessantenne. Correva voce che nei suoi viaggi, da Praga a Parigi, avesse «visto Qualcosa» (di più terribile della guerra).
In seguito, l’enigmatico personaggio riappare ancora nella vita di Remo, cambiando ogni volta una realtà che sembrava già decisa. Torna a farsi vivo nel ’64, alla vigilia dello storico spareggio Inter-Bologna, poco prima di un evento che sconvolge la tranquilla esistenza dei Gualandi. E ancora nel ’77, come un angelo calato tra le rivolte studentesche che infuriano nella città. Perché? Cosa lo spinge ad aiutare Remo e la sua famiglia? Domande che troveranno risposta solo trent’anni dopo quel primo miracolo di guerra – regalando una conclusione alla storia e producendo, come aveva predetto l’Artista, «la luce con il buio».